Gli italiani, grandi estimatori di prosciutto, salame e mortadella, potrebbero dover rivedere le loro abitudini alimentari. Secondo l’American institute for cancer research (Iarc), agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, facente capo all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il consumo di carni rosse sarebbe da “limitare”, mentre, quello delle carni lavorate industrialmente, come salumi e insaccati, da “evitare”. Ciò al fine di ridurre il rischio per lo sviluppo di certi tipi di cancro, in particolare il carcinoma del colon-retto.
L’Istituto americano sottolinea, che al momento i ricercatori non sanno esattamente quali carni rosse interessano lo sviluppo del carcinoma, tuttavia «è stato dimostrato che le carni rosse contengono dei composti che danneggiano il rivestimento dell’intestino e forse favoriscono lo sviluppo del cancro. Non solo. Cuocere la carne rossa ad alte temperature, spiega l’Iarc, può produrre altri composti cancerogeni».
Gli scienziati americani dell’Ente americano puntano il dito contro le carni cosiddette “processate”, ovvero lavorate industrialmente, confermando quindi che la carne rossa è da “limitare”, mentre tutte le carni processate sono da “evitare” poiché «qualsiasi quantitativo, se consumato regolarmente, aumenta il rischio di cancro allo stomaco e colon-rettale».
Dello stesso avviso è Alberto Vicenzi, nutrizionista sportivo e membro della società italiana Nutrizione Sport e Benessere (Sinseb), secondo cui «500 grammi a settimana di carne rossa cotta, 700-800 grammi a crudo, e 70-80 grammi di carne processata a settimana incrementano dell’8% il rischio relativo di cancro al colon retto. Il rischio relativo si somma al rischio già esistente che è 100. Quindi la minaccia di contrarre tumore al colon retto per chi supera i quantitativi sopra indicati è dell’8% superiore, ossia 108».
«Gli americani – puntualizza Vicenzi – consumano per lo più carne di manzo e maiale, mentre la dieta italiana prevede anche cavallo, coniglio, ecc. sarebbe, dunque, più corretto parlare di carne di mammiferi e non di carne rossa in generale. In più, non è ancora ben chiaro se l’aumento del rischio sia dovuto all’eccessivo consumo o ad alcuni tipi di proteine contenute nella carne dei mammiferi». A tal proposito Vincenzi sottolinea che «tutti i cibi cotti ad alte temperature contengono sostanze tossiche come l’acrilamide. Questo imbrunimento non enzimatico, noto come reazione di Maillard, coinvolge non solo carni alla griglia, ma anche la crosta del pane, la birra scura, i dolci e perfino la pizza».
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